AIZO in tempo di coronavirus
Quando il 23 febbraio si è capito che a causa del virus scoppiato in Cina le scuole non avrebbero più aperto, dopo la pausa di carnevale, e così le attività commerciali, abbiamo realizzato che qualcosa di grave stava succedendo.
Le prime pagine dei quotidiani crearono titoli a volte drammatici: “Un cintura per isolare il virus” (Corriere della Sera) – “Virus, l’Italia si blinda” (La Stampa) – “Terapia intensiva” (Il Manifesto) – “Siamo i più contagiati d’Europa” (Il Tempo).
All’inizio sembrava una interruzione da poco, ma dopo i primi morti in Lombardia ecco il campanello d’allarme: l’Italia improvvisamente si fermava ovunque.
La clausura che ha colpito tutti ha incluso anche la comunità romanì.
Molte famiglie che svolgevano attività precarie, attraverso la raccolta di materiale ferroso, riciclo da cassonetti e rivenduti nei mercatini, lavoratori presso cooperative/associazioni, sono rimasti bloccate.
Uno dei problemi più gravi era l’assenza di reddito per poter procurarsi i beni primari. Allora, insieme, operatori, volontari e rom, ci si è interrogati sul da farsi.
Bisognava in qualche modo intervenire per evitare disagi ancor più gravi per gli abitanti delle baraccopoli o aree di sosta attrezzate.
L’A.I.Z.O. insieme alla Protezione Civile e al Banco Alimentare è riuscita ad ottenere beni alimentari di prima necessità…
I locali della sede si sono trasformati in magazzini di stoccaggio e distribuzione.
Il lavoro è difficile e faticoso, ma NOI CI SIAMO!